Mimma Spinelli
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Quando è stata l’ultima volta che vi è capitato di osservare il mondo animale e i comportamenti peculiari dei suoi protagonisti? A noi succede tutti i giorni, durante le passeggiatine igieniche con i nostri cagnetti ricciuti. Se pensiamo a loro, una parola riecheggia nella nostra mente: istinto. Il mondo animale è dominato dall’istinto, che rappresenta un canale esperienziale irrinunciabile, determinante ai fini della sopravvivenza: l’istinto all’accoppiamento, l’istinto alla caccia, e via dicendo.
Se foste disposti a riflettere insieme a noi con onestà, vi accorgereste subito che l’istinto non è però una prerogativa degli animali: noi umani, infatti, ne portiamo massicciamente i segni addosso, anche se non tutti vedono ciò di buon occhio. D’istinto, di pancia, a pelle riconosciamo affinità emotive, intellettuali, caratteriali con gli altri; allo stesso modo prendiamo decisioni scomode, che ci piacerebbe delegare; ancora d’istinto compiamo il gesto più naturale e primordiale… ci innamoriamo; e indovinate un po’, è sempre di istinto che esterniamo le nostre sensazioni più intime e recondite, che altrimenti rimarrebbero imprigionate sotto il velo del perbenismo e del “non si conviene, non è opportuno, non sta bene”.
Ci siamo chiesti come questo concetto vada declinato: l’istinto è una qualità da custodire e sviluppare oppure va demonizzato, temuto e rinnegato? Significa genuinità oppure avventatezza, incapacità di trattenersi? Quante volte sentiamo dire e magari abbiamo detto, con tono di rimprovero e arricciando enfaticamente il naso, “Ha sbagliato, ha agito di istinto, SENZA RAGIONARE”. Quindi l’istinto diventa nemico della ragione, sua negazione.
E se invece interpretassimo l’istinto come una facoltà, una capacità di cui tutti siamo stati dotati? Pensiamoci bene: l’istinto è la quintessenza della meritocrazia perché è gratuito ed è stato distribuito in porzioni uguali a tutti; sta a noi capire se vogliamo farvi ricorso, con quale modalità e in che percentuale.
Istinto come ferinità oppure istinto come matrice creativa e metodo di indagine e di conoscenza. Una scelta di campo alla quale noi di giovanINscena, in particolare, non potevamo sottrarci. Durante il corso, grazie al corso, abbiamo scoperto gradualmente tutti insieme che senza l’istinto il nostro percorso artistico sarebbe rimasto insipido. Ma ci è costato caro: per agire d’istinto ci siamo dovuti fidare, abbiamo dovuto abbandonare la carcassa di filtri, condizionamenti sociali e sovrastrutture mentali che più o meno consapevolmente ci portavamo appresso. Ci siamo guardati con indulgenza, abbiamo represso la malevola abitudine di autosabotarci e sminuirci, abbiamo imparato ad apprezzarci, spalleggiandoci e canzonandoci con tenerezza.
L’istinto ha compiuto il miracolo: il miracolo dell’amicizia, il miracolo dei pensieri che esplodono, decuplicati nella loro potenza “solo” perché condivisi, il miracolo del magma creativo che deborda e sigilla spiriti affini.
L’istinto ha spazzato via quella paura di cui vi abbiamo parlato, che ci imbrigliava, limitava e depotenziava. L’istinto si è rivelato un antidoto potentissimo a tutte quelle frasi con cui siamo stati cresciuti “Si fa così perché si è sempre fatto così”, “È diverso da te, quindi è sbagliato”. Noi siamo andati oltre, abbiamo voluto affrontare e sradicare la resistenza alla bellezza che ci circonda e che pensavamo di non sapere, non volere, non potere abbracciare. L’istinto ha dato voce alle nostre debolezze e siamo diventati indistruttibili: coesi, ispirati, fiduciosi.
Ci siamo “annusati” e l’arte e l’istinto hanno fatto il resto… Arte e Istinto, il secondo come porta di accesso alla prima. Guai a non avere il coraggio di varcarla… sul palcoscenico e, a maggior ragione, nella vita di tutti i giorni. Terenzio diceva: “Niente di ciò che è umano mi è alieno”… compreso l’istinto, viene da dire!
Noi, di istinto ci siamo fidati di voi, aprendovi il nostro cuore. Ora sta a voi fare altrettanto… continuate a seguirci, per capire cos’altro ci è successo! Anzi… cos’altro abbiamo permesso ci succedesse…